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di microP e i suoi accessori

Quando una mattina di fine giugno (30*C già prima delle 9) i colleghi ti vedono arrivare con una shopper 50x40x20cm piena compatta e fino all’orlo:

“Cosa hai P. in quel borsone?!”

La prima cosa che ti viene in mente è probabilmente la più corretta:

“Pezzi di ricambio per il mio pancreas, per i prossimi 4 mesi. Oggi ho fatto spesa”

(c)emmepi

✅ 4 conf. x 10 pezzi di “Reservoir” (serbatoio per l’insulina del microP) – da cambiare e riempire con insulina fresca da frigo ogni 3-4 giorni, salvo imprevisti

✅ 4 conf. x 10 pezzi di “Set di infusione” (catetere da 60 cm + canula da 6 mm da applicare sottocute) – da cambiare con il serbatoio, salvo imprevisti

✅ 5 conf. x 5 pezzi di “Sensore” (parte del sistema di monitoraggio in continuo della glicemia che dialoga con il microP) – da cambiare ogni 7 giorni, salvo imprevisti… nel mio caso purtroppo al massimo 4 giorni!

Mentre rispondo ometto quello che il mio cervello sta già elaborando: 5×5=25

25 settimane intere si arriva al 14 dicembre

Il prossimo appuntamento per ritirare il materiale mi è stato dato tra 6 mesi, il 24 dicembre.

Realmente, salvo imprevisti, questi sensori mi coprono fino al 14 settembre.

È quasi un paio d’anni che contatto tutti i mesi l’assistenza tecnica della ditta per la sostituzione e/o l’invio di sensori aggiuntivi, per effettuare prove tecniche in remoto per individuare eventuali malfunzionamenti (a quanto pare non riscontrati!). Ho anche contattato la mia diabetologia AUSL di riferimento per adeguare la fornitura, poiché la ditta mi ha precisato che l’invio dei sensori è incluso entro un massimale, previsto dal mio piano terapeutico, e pertanto competenza del diabetologo. La diabetologia, pur sempre venendo incontro a situazioni di emergenza, rimanda la competenza alla ditta, che ha l’obbligo di fornirmi la copertura di sensori che non rispettano le specifiche techiche di funzionamento (7 giorni senza interruzioni)…

Il risultato è che, ogni mese, un sensore alla volta, richiedo alla ditta la sostituzione e l’invio del sensore, specificando motivo, giorno e orario di “inizio e fine del sensore” (in slang diabetico si dice cosí). Dovrei, secondo i consigli che ho ricevuto, per stare più tranquilla, procedere ogni volta (4 giorni, e comunque fino a massimale, che non copre la carenza rispetto al conteggio “ideale” previsto dal piano terapeutico)… ma già cosí mi sento come una pallina di un flipper, rimpallata tra ditta e diabetologia, senza via di uscita. Per l’acquisto del sensore, occorre la prescrizione del diabetologo.

Per stare tranquilla davvero, io proporrei a tutti gli addetti ai lavori (personale sanitario, tecnico e amministrativo ) di tutta la filiera dei miei sensori, un periodo di tre mesi con il sensore “indossato” e, forse, il sistema di accesso ai sensori sarebbe diverso. Se non altro, non dovrei ripetere ad ogni conversazione o telefonata che non si tratta di un reso di scarpe di cui ho sbagliato per distrazione ad ordinare il numero, e forse nessuno metterebbe in discussione la mia scrupolosa attenzione e cura a non “sprecare” neppure un’ora dei preziosissimi sensori.

Ad esempio oggi

Ci sono giorni che il dt1 entra prepotente nella tua vita. Ad esempio oggi.

Il microP mi sveglia 15 min prima della sveglia ufficiale perché il sensore ha bisogno di una calibrazione. E quando misuro la glicemia dalla goccina di sangue dal dito, è quasi 200 mg/dL più alta di quello che dovrebbe, in parte anche a causa del piccolo intervento dal dentista di ieri sera e dalla super dose di anestesia necessaria. (Per una persona con il diabete come me il target ottimale è 110-130 mg/dL, ed il range entro cui è desiderabile che oscillino le glicemie 70-170 mg/dL, il così detto time-in-range… sopra o sotto questi valori, ed in altre situazioni, bisogna intervenire… e microP “suona”).

Poi con calma mentre il treno mi porta a lavorare, rielaboro i dati per capire come gestire la giornata, che già si presenta un po’ in salita, con un time-in-range nelle ultime 24H del 10%. Avrei voluto fare altro e invece…

Mi concedo un po’ di quella leggerezza mattutina da pendolare dando un’occhiata ai social e trovo le immagini di Lila Moss, con il suo nude look, sensore e microinfusore. Allora rido!

Tutto ok fino a pranzo, quando il sensore segna glicemia bassa (e suona e vibra e lo ripete ogni tre per due). In realtà la glicemia è alta, troppo alta. Allora serve un rapido calcolo di tempistiche: caricamento del trasmettitore (una mezzoretta), nel frattempo cambio del sensore, collegamento del trasmettitore al sensore e avvio del sensore, tempo di attesa (un paio d’ore). La valutazione successiva è quando avviare il sensore in modo tale che la prima calibrazione, al termine del periodo di attesa, avvenga in un momento in cui non ci sia più insulina attiva (quella del bolo del pranzo) e non ci siano variazioni significative di glicemie (quelle della curva gliecemica del pranzo).

Il periodo di attesa finisce mentre sono in bici verso la stazione per il treno del ritorno… deja-vu!

Allora mi viene in mente un’altra bizzarra coincidenza… esattamente un anno fa, in questo momento della giornata iniziava la mia nuova gestione terapeutica in modalità SmartGuard. Allora sorrido!

Emozioni e consapevolezza. Quanto il dt1, malattia subdola e invisibile, inquina la mia vita e l’armonia della mia persona?! Quanto il dt1, malattia autoimmune e metabolica, condiziona la mia vita e la mia storia?! Quanto il dt1, malattia cronica e da gestire quotidianamente, invade la mia vita e le mie relazioni più intime?! Workinprogress…

Accompagno delicatamente questi pensieri e queste fatiche fuori dalla mia mente. Mi concentro sull’ascolto della musica in cuffia. Respiro. Guardo fuori. La vita è molto di più.

/cronaca settimanale/il giusto peso. ovvero scarabocchi sulla bellezza

– Come sta D dopo la caduta in bici?

+ Eh tutto sommato bene… qualche ematoma… niente di rotto

– Ah beh con quegli airbag…

+ Non è una cosa carina da dire. Anzi, non è una cosa da dire

– Cosa è questa? Solidarietà femminile? (ride)

+ Basta così ok?!

– Solidarietà femminile o… da ex-sovrappeso? (sogghigna)

Considerazioni scarabocchiate in ordine sparso… darne il giusto peso eh?!

• Mi piace ricevere complimenti (a chi no?!) e non mi piace sentirmi inadeguata quando qualcuno mi giudica per l’aspetto fisico (e sentenzia la sua opinione non richiesta)

• Gli abiti di sempre vestono meglio con (qualche) kg di meno. Anche al mare.

• L’attenzione che riceve le tua persona è proporzionale alla bellezza estetica

• Se sei donna (mediamente) intelligente, l’attenzione che riceve la tua opinione è proporzionale alla bellezza estetica

• Poi ci sono quelle persone talmente luminose che sembrano anche più belle. Incontrarle è un regalo

• A parità di alimentazione e stile di vita, a volte, è la salute che decide il tuo peso. Una lotta invisibile e quotidiana che merita un grande rispetto

• Bisognerebbe imparare a guardarci bene negli occhi. E anche così potremmo solo intuire (tutta) la bellezza delle persone che abbiamo accanto

/decompressione/

Corridoio di attesa di un ambulatorio specialistico del servizio sanitario regionale.

Gli ultimi mesi un buon equilibrio glicemico. Le ultime settimane un bel casino di gestione di microP. Telefonate in assistenza, corrieri con pezzi di ricambio, tentativi vani di scarico dati.

Mi siedo in fondo, lontano da tutti, vicino alla porta un po’ aperta dove passa aria fresca. Aspetto. Penso alle persone incontrante in Ecuador negli anni… al tríage, alle misure delle glicemie, con il dermatologo, il ginecologo, la pediatra… mi lascio ispirare dal loro atteggiamento tranquillo di attesa. Cerco di pensare a cosa è importante per me in questo momento, dal punto di vista glicemico.

Fondamentale poter scaricare i dati. Riprovo ancora una volta, con il medico, anche se ogni messaggio su pc e su microP sembra dire che non sia possibile. Poi “ultimo scarico dati 25/11/2021 10.44 am”. Mi sembra incredibile, dopo tutti i tentativi andati male, verifico che la sincronizzazione con la app è avvenuta mentre ero in corridoio ad aspettare!

Il resto è tutto in discesa, tutto da fare, un po’ per volta. La direzione è quella giusta, qualche aggiustatina alla terapia, qualche scrupoloso promemoria per il prossimo controllo. Lentamente, con pazienza, senza stancarsi di prendersi cura.

Un rapido scambio di battute su progetti che devono partire – è tempo di partire – con ADFe… non è questo il tavolo di lavoro, ma è sulla base dell’esperienza personale che ci si prende a cuore i progetti.

Nel frattempo ha finito anche il tizio che era prima di me al triage. Un personaggio spettacolare, un po’ scalcagnato, fuori dal tempo e anche un po’ fuori dal contesto, gentile e sparso. Mi sembra un fumetto prestato al mondo reale.

Ne approfitto per fare due chiacchiere con lui, mi fa tenerezza. Nella sua stravaganza mi sembra essere consapevole della malattia, più o meno. E lui, nelle sue frasi un po’ sconnesse, si preoccupa di me, che sono giovane, e lui ormai è vecchio. Mi ricorda quanto sia importante sentirsi compresi e accolti, nelle situazioni della nostra vita.

“Arrivederci. Stia bene!” gli dico.
“Grazie signorina. Anche lei mi raccomando!”

Vita da pendolare con microP: la (mia) vita con il DT1

Tipico pomeriggio autunnale al lavoro.

MicroP avvisa glicemia 66 mg/dL (sensore GL3, di tipo CGM, ndr). Non ci credo… sarà ora di cambiare il sensore…

Glicemia (capillare) 203 mg/dL. “Cambiare sensore”. Ecco appunto…

Rapida sequenza di operazioni:

1. Faccio un bolo correttivo (nel mio caso, in questo caso, 1,7 U). In pratica, dico a microP di fare una iniezione “extra” di insulina, per “correggere” il valore di glicemia.

2. Metto il trasmettitore (la “chiocciola bianca”) in carica… la base è sempre con me in borsa, insieme al Labello e a due pile di scorta, una per la base, l’altra per il microinfusore.

3. Cambio il sensore (l’ago sottocutaneo, di cui si vede la parte esterna grigia). Fissando il tutto con il cerotto, perché il sensore deve stare lì (sulla pancia ad esempio) una settimana. Al lavoro, ho una scorta di tutto, compresa una fiala di insulina… non puoi permetterti di farti trovare impreparata quando lavori a 50 km da casa.

4. Collego il trasmettitore al microinfusore. Concretamente attacco la chiocciolina al sensore. Poi verifico la corretta “associazione” del dispositivo (sensore) al microinfusore. Inizia il “periodo di attesa” di 2 ore.

Esco da lavoro e sono in bici verso la stazione per prendere il treno… dovrò calibrare… metto MicroP in tasca. Ad un incrocio, microP vibra, poi suona. Ecco appunto… “Calibrazione necessaria”.

Glicemia (capillare) 213 mg/dL. Calibrazione. Modalità automatica. “Glicemia alta”. Correzione auto (nel mio caso, in questo caso, 1,7 U).

Arrivo in stazione. Ho perso il treno, prenderò quello dopo.

Se tutto va bene, e le glicemie sono stabili, tra 6 ore… altra calibrazione. Poi, se tutto va bene e le glicemie sono stabili, la prossima calibrazione dopo altre 12 ore.

Primo giorno di nebbia vera

La scelta dei vestiti ricade su toni tenui. Il capello rigorosamente legato per non impazzire. Autumn vibes su Spotify.

L’altro giorno in treno due studenti parlavano di esami, in presenza vs in remoto. E allora avevo pensato all’agitazione, al senso di inadeguatezza, al desiderio di raggiungere obiettivi senza fare fatica.

Guardo fuori dl finestrino e c’è solo nebbia. Flashback ad un esame in cui avevo avuto la sensazione ci fosse solo nebbia nella mia testa. Ero preparata, e ne ero consapevole. Quello era uno spazio in cui si manifestava altro.

Mi vedevo da fuori: studentessa impreparata, e anche abbastanza stupida da non saper improvvisare qualcosa di sensato da dire. Mi vedevo da dentro: ero io e allo stesso tempo non ero io, per come mi conoscevo davvero.

Prof: qual è il problema?

MP: guardi, non lo so in tutta sincerità. Sono preparata, non le avrei fatto perdere tempo altrimenti. Ho un blackout totale.

Prof: lei lo sa che non ho bisogno di farle le domande all’esame per sapere che voto segnarle sul libretto vero? mi basterebbero quelle che lei ha fatto a me a lezione.

In quel momento chi mi guardava da fuori aveva lo stesso sguardo che io non riuscivo ad avere su me stessa. Ho deciso che era il momento di affrontare una mia questione irrisolta, il trauma dell’esordio di una malattia, insieme a pezzi della mia storia di cui ancora non avevo consapevolezza. Ho iniziato un percorso con una brava psicologa.

Dopo qualche settimana ho passato bene l’esame. Il voto sul libretto rappresenta ancora oggi tutto quello che quella situazione si è portata dentro, e quella è in realtà la soddisfazione più grande.

Dopo un tempo più lungo, né troppo né troppo poco, il percorso con la psicologa è terminato. Ogni tanto quando ripenso a quegli anni ringrazio quella studentessa impanicata di aver avuto il coraggio di scegliere. Scegliere di voler cambiare, riconoscere di aver bisogno dell’aiuto di qualcun altro, fidarsi che il risultato per quanto ignoto sarebbe valso l’impegno.

A distanza di anni, oggi, penso e sorrido…

1. Le persone sono molto più di quello che sembrano ad un primo sguardo veloce

2. Le cose iniziano a cambiare quando si ha il coraggio di chiamare le cose con il loro nome

3. La vita ti mette di fianco persone che ti accompagnano. A volte potresti essere tu a dover accompagnare chi la vita ti mette di fianco. Il più delle volte ci si accompagna reciprocamente, e con semplicità

Guardo di nuovo fuori dal finestrino. E vedo le persone che aspettano sul binario. Ognuna con la sua storia, ognuna bella a modo suo.

Poi suona l’allarme di microP (il mio microinfusore, ndr) da sotto la maglietta… ma questa è un’altra storia!

/cronaca settimanale/nonostante

Nebbia fuori. Poca gente in giro. Poca anche sul treno.

Il mio primo starnuto in treno.

Nella mascherina ffp2.

Totalmente inaspettato, senza nessun preavviso. Mi trova preparata. Il riflesso della mano davanti al viso viene subito controllato prima ancora che me ne possa rendere conto.

Nessuno degli altri tre presenti si scompone. Io mi sento comunque fuori posto.

La mia playlist delle mattine… quelle che portano dentro un po’ di nostalgia, come la nebbia è capace di estrarre da in fondo ai cassetti della storia delle persone… quelle mattine al tempo stesso un po’ briose, in cui ti svegli riposata che avresti potuto anche andare al lavoro facendo capriole, quelle mattine che, nonostante tutto, è venerdì!

A San Pietro in Casale sale altra (poca) gente. Sento forte odore di gel sanificante, qualche profumo e odore. Con la mascherina ffp2. A Bologna saluto una persona di Ferrara che scende dal treno con me.

Torno nella realtà, con il cartellino da timbrare, le cose da fare, la crisi di governo, la voglia di un concerto e di scorrazzare in giro per il mondo, le glicemie da tenere sotto controllo, la dieta e la conta dei carboidrati, lo sport (che pare essere andato in letargo), i progetti, i sogni e l’inaspettato. Nonostante la mascherina ffp2.

/cronaca settimanale/primo lunedì IL RITORNO

In ordine di accadimento.

Mi accorgo che mi è scappata l’ora. Ormai è troppo tardi per il treno che avevo intenzione di prendere.

Prendo un bus semivuoto. Riesco a non toccare niente. Mi metto vicino alla porta, dove stranamente non c’è proprio nessuno.

Suona il microinfusore. Devo calibrare. Mi è scappata l’ora (anche) per questo. Mi disinfetto le mani. Mi misuro la glicemia. 102 mg/dL.

La prossima è la mia fermata. Sale un tizio ultra settantenne al telefono con auricolare. Mascherina beatamente sotto il mento. Due minuti e scendo. Guadagno la porta e mi giro di spalle per non vedere il tizio, perché mi viene il nervoso.

Scendo. Passo svelto e tragitto più breve.

Tutte le porte della stazione sono chiuse, lo sapevo, ma perdo qualche minuto. Ci provo lo stesso.

Treno perso.

Avviso che tardo.

Torno indietro a piedi e vado in libreria, almeno compro il libro che volevo leggere.

Quello che volevo non è disponibile. Lo ordinerò online tornando a casa. Ne trovo altri due, uno da regalare, uno per me. Pago. Mi sistemo. Mi rimane in mano la cerniera del piumino che l’altro giorno si era impigliata nella sciarpa. Chiudo i bottoni ed esco.

Devo sbrigarmi. Non posso perdere (anche) il prossimo treno.

Suona il microinfusore. Glicemia bassa. 65 mg/dL in discesa. Lo sapevo, ma speravo di arrivare in stazione. MicroP mi fa da grillo parlante. Mi disinfetto le mani. Mangio qualcosa che ho in borsa.

Mentre mangio e cammino verso la stazione, abbasso qualche minuto la mascherina. Ho la percezione che mi manchi qualcosa… anche se sono all’aperto, senza gente intorno.

Passo svelto e tragitto più breve.

Salgo sulla carrozza in testa, quella del capotreno e sempre più vuota, al ritorno.

Mangio una bustina di zucchero.

Il treno parte.

Mi concedo qualche attimo di tranquillità con il libro che mi sono appena regalata.

Sono a casa.

Mi lavo le mani. Mi tolgo la mascherina, finalmente.

Glicemia 105 dL/mg. Tra 12 ore la sveglia suona. Bene ma non benissimo.

Catapultata nella realtà.

Il 2021 è cominciato, definitivamente.

È allora che ci fai caso…

Un pomeriggio di fine ottobre di quelli che ti verrebbe voglia di mangiare un gelato.

Mentre pedali senza (troppa) fatica per le vie (a tratti) trafficate di bologna verso la stazione… senti l’aria che ti spettina i capelli, il sole che scalda il viso quello che basta per essere piacevole senza sudare sotto gli occhiali… e ti accorgi che stai canticchiando e sorridendo. In questo pomeriggio di sole, un buon gelatino (cioccolato fondente e crema al mascarpone per es) ci starebbe proprio bene.

Arrivi in stazione in tempo per trovare comodamente posto nel treno che a breve sarà pieno pienissimo di gente. E c’è anche tempo di prendere il gelato.

Oggi però ti devi accontentare di un’horchata (tisana di erbe aromatiche andine, che essendo tisana appunto è una delle poche pochissime bevande dal gusto diverso dall’acqua che non creano variazioni di glicemia) e due biscotti secchi (che hai sempre nello zaino e che dopo lo yoga e la volata in bici per prendere il treno ti sono di aiuto).

La voglia di un gustoso gelato non è sparita del tutto, lo stomaco sembra stia inspiegabilmente brontolando come se avessi davvero bisogno di mangiare. Misuri la glicemia e i valori sono buoni e stabili.

È allora che ci fai caso… che ti senti in forze, più o meno come dopo un’influenza che ti sembra anche un po’ meglio di come stavi prima.

Poi ricordi che una delle altre volte in cui ci avevi fatto caso, che ti sentivi così, era stato a Ćurovac, affacciata sullo strapiombo del canyon del fiume Tara (il più lungo d’Europa, patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 1977, ndr).

Il DT1 forse ti impedisce di mangiare un buon gelato tutte le volte che ne avresti voglia, ma non certamente di sentirti libera e leggera in bicicletta tornando a casa dal lavoro. O seduta su una roccia con un salto nel vuoto a un paio di metri dai tuoi piedi e uno spettacolo meraviglioso davanti ai tuoi occhi.

Poi l’intuizione… la APP!

Quando esco di casa, soprattutto ogni mattina per andare a prendere treno, la check list per la borsa è sempre: portafoglio, portaocchiali, portabadge, chiavi, cellulare, lettore Libre, bustine di zucchero, powerback, acqua. Il resto può variare.

Non era mai successo… quella taschina aperta nello zaino avrebbe dovuto insospettirmi… NIENTE LETTORE!

Subito l’immagine del lettore appoggiato sul tavolo della cucina prima di fare colazione. Fatal error!

Poi l’intuizione… la APP! Recupero il link per l’installazione… la app si chiama – guarda caso – LibreLink. Il più è decidere quale app eliminare per eliminare spazio (non perché sia pesante l’app in sè, anzi, piuttosto perché ne ho troppe!).

Il tempo di arrivare alla prima fermata del treno e sono già lì che esploro LibreLink e provo a fare prima scansione. Messaggio Di errore. Riprovo. Errore. Riprovo… e ancora. Non ho alternative per il momento… DEVO riuscire a fare la scansione con il cel, perché il lettore è sul tavolo in cucina ed io in treno.

Poi la doppia notifica e nessun messaggio di errore. Significa che la scansione è stata fatta correttamente.

103 mg/dL. Glice a posto. Sorrido.

Mi conosco, ora studierò le differenze tra lettore e app, analisi SWAT e qualche valutazione su qualità dei dati, precisione ecc…

Sorrido. E continuo la giornata normalmente.