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Che succede amore?!

Toc!

Quel momento in cui il microfono si stacca e cade. In scena.

Ok, cosa fare?!

1. Aspetta l’attenzione del pubblico su di lui che parla. 2. Hai 3 secondi per pensare e… 3. Agisci!

Lo spinotto è avvitato (lo sai perché alla prova tecnica non funzionava bene). Se il microfono va ancora sei a posto! Hai due opzioni.

Piano A: mentre lui dice la prossima battuta al telefono ti siedi e hai un po’ di tempo per provare a sistemarlo.

Piano B: continui a divertirti in ogni caso e tieni il microfono in mano come fai sempre con microP… ogni volta che ti vesti, ti svesti, sei alla toilette!

F: pronto?! Che notizie da…

(Ok! Provo a fare così… tieni il personaggio però!! No, abitino troppo stretto! Ok, il cavo è abbastanza lungo da non alzare troppo la gonna… ok dai… perfetto ora tocca a me!)

E: che succede amore?!

E intanto microP ben saldo al suo posto, silenzioso, girato con lo schermo verso l’interno per non illuminarsi nel momento meno indicato. Glicemie time-in-range 100% nelle ultime 5 ore. Glicemia 170 mg/L dopo 2 minuti scesa dal palco. Bene così!

“Uno non ha che dichiararsi libero, ed ecco che in quello stesso istante si sente limitato. Abbia solo il coraggio di dichiararsi limitato, ed eccolo libero” (Goethe)

Oggi mi accorgo che la mia vita con il DT1 è un po’ come essere andata in scena ieri sera.

Puoi continuare a fare (benissimo!) le tue cose, a vivere la tua vita… e ci sarà sempre una parte del cervello che sta dietro a pensare alle glicemie, all’insulina, microinfusore, al sensore, ai cerotto del catetere che non si stacchi, alle pile, a… mi conviene mangiare qualcosa adesso o dopo?! E intanto continuerai a fare (benissimo o anche meno bene ma te la caverai comunque alla grande!) le tue cose e a vivere la tua vita!

La malattia (annessi e connessi) fa parte della mia vita, e me la porto con me in tutto quello che faccio… il prendersene cura ogni giorno (gli ostacoli che portano a nuova consapevolezza e gli imprevisti che portano a reinventare la quotidianità) fa crescere me in tutto quello che sono! Bella così!

18 anni di DT1

Giorni un po’ strani questi, tempestivi, intensi, da rimboccarsi le maniche, da affidarsi, ringraziare per le belle persone che ci sono attorno, che si incontrano, che si costruisce insieme, almeno ci si prova.

E il teatro, e la musica, immagini e parole nelle loro sempre nuove forme che ancora una volta stuzzicano alla bellezza, alla vita, alla condivisione, a non dare per scontato le cose, le situazioni, le persone nella loro interezza e ricchezza, nelle tante sfaccettature, ombre e luci, sorrisi e lacrime.

18 anni fa, oggi, per me la diagnosi del diabete di tipo 1, malattia cronica, autoimmune, che non ci si va a cercare, e che non hai fatto niente di sbagliato perché arrivasse proprio a te, a ribaltarti come un calzino.

La fortuna, nella sfiga, è che ci sono delle terapie che permettono una buona qualità della vita. Quando hai la fortuna di abitare nella parte di mondo dove si ha accesso alle cure, ai farmaci salvavita e ai dispositivi medici. Quando hai la fortuna di non essere da sola.

Stanotte mi ha svegliata il pigolare del microP (microinfusore, microP come dico io). Un attimo prima di riaddormentarmi penso a questo mio 26 maggio. Non festeggio questo giorno, ne tengo conto.

“Ogni nuovo inizio proviene dalla fine di un altro inizio”

Lucio Anneo Senec

Ogni giorno scelgo di fare del mio meglio per convivere con la malattia. A volte è automatico, alcuni momenti pesante, altri è più facile. Mai senza, sempre in equilibrio, fragile ed instancabile, dinamico e tenace.

A 18 anni, quando prendi la patente, hai ancora molto da imparare alla guida. E oggi mi chiedo: a che punto sono nel mio percorso di crescita con il DT1? Forse, un nuovo passo di consapevolezza.

Che non toglie le fatiche, la ricerca di significato della malattia nella mia storia, il desiderio grande di una cura definitiva per questa subdola e complessa patologia.

Che non toglie l’impegno a starci dietro a tutte le cose metaboliche, annesse e connesse. Che non toglie tuttavia la gratitudine a starci dentro a questa vita che ho, la mia, così come è.

Non so se si possa pensare alla maturità rispetto una malattia cronica come il quotidiano farci pace… se penso alla mia vita con il DT1, oggi per me il primo passo nell’adultità: ogni giorno provare a farci pace in modo concreto e creativo.

passo dopo passo

Il programma oggi era uno. Le glicemie (troppo) alte si sono messe di traverso.

Correre con le glicemie alte (per me) è un po’ come correre con quella spossatezza del troppo sonno addosso, con le gambe molli e inchiodate allo stesso tempo, le spalle un po’ ricurve e 37,5’C di febbre…

E allora mi sono detta: cambio programma! Oggi non ci si ferma e non si cammina. Obiettivo: arrivare in fondo senza darla vinta alla malattia, non oggi.

Sulla curva prima dell’ultimo rettilineo una ragazza ventenne con il fondoschiena forse un po’ più largo del mio e molto in forma mi supera veloce. Sorrido, ripenso alle mie corse dopo l’esordio del diabete, quasi vent’anni fa, a tutta la strada fatta da allora, ai continui cambiamenti e adattamenti necessari, alla consapevolezza maturata, passo dopo passo, su cosa vuol dire, per me e concretamente, convivere con la malattia.

Sorrido, non invidio quella ragazza che mi ha appena superato, sono contenta per lei, le auguro il meglio per i pensieri, i desideri, le preoccupazioni che sta portando in giro con sé in questa sua corsa. 200 m dopo la vedo camminare – era l’allungo finale penso. Tocca a me superare lei ora, con meno scioltezza ma non meno determinazione.

Sorrido. Da questo punto in poi – ormai lo so – in fondo ci arrivo, anche quando non sento più energia, le glicemie in picchiata, le gambe di ghisa.

I miei ultimi 200 m sono tutti di cuore.

e via di corsa…

Si ricomincia così, un sabato pomeriggio di gennaio. Si interrompe l’erogazione dell’insulina, si chiude il catetere e si mette il microP in tasca. Ci si veste, un po’ tecnica e un po’ rimanendo umile. Si controlla di avere tutto: microP da una parte, bustine di zucchero, fazzoletto e chiavi nell’altra tasca. Si verifica che la glicemia sia ok per partire, ci si specchia tutta intera un’ultima volta. E ci si chiude la porta alle spalle.

A volte le complicazioni sono in realtà degli alibi, altre volte servono invece a renderti consapevole del momento.

Prima sessione di allenamento outdoor, preparato con una manciata di test su tapis rotulant per gestire le glicemie con microP.

Correvo anni fa, mi piaceva e mi aiutava molto nella gestione metabolica del dt1. Facevo terapia multiniettiva e andare a correre era anche uno stacco dalla malattia, tornavo indietro a quando facevo sport senza diabete. Non sono riuscita più a trovare il ritmo giusto da quando utilizzo microinfusore. Funzionava bene anche per drop the thought, liberare la mente. Controllavo la glicemia, mangiavo qualcosa e via di corsa.

Ho avuto uno stop, per lo più a causa di contratture muscolari varie e un aumento di peso. Ci sono voluti anni, vari tentativi di sport falliti, un cambio netto della terapia. Sempre quella vocina che mi diceva di non accontentarsi, di non adeguarsi, di non essere troppo esigente, con me stessa, ma nemmeno di dargliela vinta, al diabete. Intanto la vita ti mette in situazioni che ti sfidano, ti mette vicino persone che ti prendono per mano quando pensi di non farcela da sola, così piano piano vai avanti. Poi arriva un momento in cui finalmente quella vocina urla di gioia perché si accorge (prima di te) che hai finalmente trovato un nuovo equilibrio metabolico. Dopo un anno di assestamento, ritrovi anche la forma fisica e l’energia che per tanto tempo desideravi. È meravigliosa la complessità del nostro organismo, tutto connesso, resiliente, creativo, e anche che non lascia indietro nessuna parte di sé… una problematica fisica si ripercuote sulla mente, un blocco emotivo si manifesta nel corpo, una rinascita interiore illumina tutta la persona, e così via…

Ora è come essere in un corpo nuovo per me, imperfetto e bello così. È questa la mia vera ri-partenza, che ha il gusto di una ri-nascita.

La più grande differenza rispetto alla sportiva che ero prima è che ora devo programmare. Tutto. Sempre.

Devo ancora ottimizzare (si va per successivi miglioramenti, tentativi, prove… su strada) ma grossomodo ho preso confidenza con le tempistiche necessarie prima. Questo per me è da sempre stato un ostacolo. E allora ho spostato attenzione sui benefici, che già conosco bene e di cui sentivo nostalgia. Ho richiamato alla mia memoria fisica il gusto della corsa, la bellezza dello sport, per me. Mi sono focalizzata su quello. Il resto, le complicazioni, i dettagli in più di cui una persona senza diabete non si accorge, la sfida di gestire mentalmente la malattia senza andare in overthinking (sul diabete e su tutto il resto, proprio perché siamo connessi con noi stessi in tutto)… tutto questo va sullo sfondo. C’è, non può essere eliminato (e non deve esserlo se no sarebbe vivere nell’illusione di una realtà che non è). C’è, per quello che è, non più un ostacolo, non un limite. E può anche diventare occasione per essere più consapevole di ogni cosa, ogni scelta, essere presente nell’adesso in cui ci si trova, momento per momento.

E allora passano in secondo piano il telefono (con la app per scaricare e gestire dati del microP) sostituito ieri, il sensore che va in standby per aggiornamento dopo 10 min dalla partenza, le quattro bustine di zucchero dopo la prima mezz’ora, l’orologio che non vedo più bene senza occhiali quando diventa buio, il sensore che riparte segnalando glicemia < 50 mg/dL quando non la sento proprio così bassa (ed infatti dopo un quarto d’ora, a fine corsa, il controllo con glucometro indica 210 mg/dL).

Il gusto è sentire il ritmo dei passi sul ghiaino delle mura della città, l’aria che entra ed esce dai polmoni, le gambe che vanno e anzi nel ritorno allungo dimezzando i recuperi, la testa che si alleggerisce anche se deve gestire ancora troppe variabili da ottimizzare… e osserva in background e inizia a tenere il conto dei lampioni (n.interi a dx, mezza unità a sx… e allora la corsa sono 2,5 lampioni (2 min) e il recupero 1,5 lampioni (1 min), la faccia sorpresa degli amici che mi hanno preso per mano in questa impresa sportiva quando racconterò loro questo primo piccolo passo, molto importante in realtà.

E poi il sorriso che esce spontaneo nella pendenza dalla casa del boia in mezzo al vociare delle altre persone, al curvone del cus mentre guardo lo scorcio della città rinascimentale con il sole al tramonto, i tre passi in salita per ritrovare il sentiero delle mie impronte passate di qui, ripercorrere questa stessa strada con piedi nuovi, nuova consapevolezza, questa nuova versione di Mery, più me stessa di prima.

Le gambe vanno, il respiro è leggero, la mente è creativa, il cuore sorride.

A proposito di cronicità

C’è una parte della “quotidianità”. Ogni cosa che viviamo (azioni, emozioni, momenti felici, stress, anche il non fare niente….) impatta il nostro equilibrio vitale, di organismo vivente. Che lo vogliamo o no, che ne siano consapevoli o meno, che ci prendiamo cura dei dettagli o ne trascuriamo l’importanza.

C’è una parte della “cura”, che comprende la terapia se/quando siamo malati, i check, i monitoraggi, gli aggiustamenti… ed anche le piccole attenzioni di cui hanno bisogno le nostre fragilità, la scelta di volerci bene così come siamo, imperfezioni e ricchezze incluse, l’avere a che fare con la nostra persona, la storia, il nostro percorso di vita.

C’è una parte della “resilienza”, la capacità di fronteggiare, resistere e riorganizzare positivamente la nostra vita a seguito di difficoltà ed eventi stressanti, consentendo l’adattamento, accettando la convivenza con le nostre ferite (malattia o altre…) senza identificarci in esse, attingendo alle nostre risorse e potenzialità, nonostante i nostri limiti e mancanze.

E la vita si fa presente anche dentro situazioni in cui non avremmo mai voluto trovarci in mezzo. Nelle piccole cose che fanno sorridere, nelle parole scritte sottovoce che sono anticipazioni di felicità, nelle note che fanno vibrare il cuore. Ci travolge con tutta la forza e l’amore di cui avevamo bisogno per andare oltre noi stessi, la paura, il dolore… lì dentro il “nostro” straordinario, il mistero, la meraviglia.

A noi accogliere la vita così come ci si presenta quando la incontriamo, la scontriamo, la ascoltiamo, a noi accogliere l’altro che si fa presente nella nostra vita, a noi farci presente e dono nella vita dell’altro.

È tempo

È tempo di
tornare all’essenziale,
di decidere cosa tenere e cosa cambiare.
È tempo di
fare la differenza.
È tempo di
scegliere le “nostre persone”
e prendercene cura.
È tempo di
rispettare le lacrime e i dolori.
È tempo di
fare spazio ai nostri talenti,
seppelliti dalle paure.
È tempo di
realizzare ciò che ci rende felici,
e non quello che ci omologa agli altri.
È tempo di
respingere al mittente la rabbia.
È tempo di
capire che siamo tutti importanti
nella nostra unicità,
di opporre al “Tu non sei nessuno”,
il “tu sei qualcuno ”.
È tempo di
capire che chi è più fragile
va protetto,
che malato nonsignifica inutile.
È tempo di
capire che farsi valere ed umiliare
non sono la stessa cosa.
È tempo di
rispettare la nostra terra,
di coltivare il nostro giardino,
con una porta socchiusa verso il vicino.
È tempo di
indossare scarpe diverse dalle nostre,
di leggere in lingue
che non conosciamo,
di cogliere sfumature
che non abbiamo mai notato,
di ascoltare il suono del silenzio
e cullarci su note di isole lontane.
È tempo di
rialzarci e prendere per mano chi non ce la fa.
È tempo di
spargere il bello,
di diffondere la speranza,
di seminare umanità,
di ascoltare.
È tempo di
scegliere se usare la forza
per essere leone che difende
o iena che sbrana.
È tempo di
annullare le distanze,
di abbracciare con il pensiero.
È tempo di
dare alla vita il ritmo
del battito del cuore.

È tempo, Barbara Hugonin

Pediatric, neonatal and fetal geneticist, Rare diseases expert, MCH counsellor, Neonatologist. Diabetes educator. Healthcare writer. Creator of Pediatria Futura

DT1 giorno per giorno

Ieri parlavo con la psicologa del mio percorso di crescita personale con il #dt1. Un percorso di scontro, accettazione, riscostruzione, riscoperta, ascolto, messa in discussione, ecc ecc

È incredibile come arrivi il momento in cui vari pezzi del puzzle che sono lì da tempo si incastrino nel modo giusto. E l’immagine si componga in modo chiaro.

È un momento di normalità, e di leggerezza. Te ne accorgi perché il metabolismo si è da poco sbloccato, la malattia cronica c’è ma ti senti in salute così come sei. Non senti più quella sensazione di essere in affanno a rincorrere la vita, non ti senti più così sola ad affrontare la malattia giorno per giorno senza togliere aria alla tua vita.

Ieri sera ero con alcuni amici del direttivo #ADFe per la chiusura di un progetto che ci ha visti impegnati e coinvolti nella nostra città. Un altro pezzo importante del puzzle si è incastrato nel modo giusto. E la faccia stanca dalla giornata si illumina in un sorriso.

Ad esempio oggi

Ci sono giorni che il dt1 entra prepotente nella tua vita. Ad esempio oggi.

Il microP mi sveglia 15 min prima della sveglia ufficiale perché il sensore ha bisogno di una calibrazione. E quando misuro la glicemia dalla goccina di sangue dal dito, è quasi 200 mg/dL più alta di quello che dovrebbe, in parte anche a causa del piccolo intervento dal dentista di ieri sera e dalla super dose di anestesia necessaria. (Per una persona con il diabete come me il target ottimale è 110-130 mg/dL, ed il range entro cui è desiderabile che oscillino le glicemie 70-170 mg/dL, il così detto time-in-range… sopra o sotto questi valori, ed in altre situazioni, bisogna intervenire… e microP “suona”).

Poi con calma mentre il treno mi porta a lavorare, rielaboro i dati per capire come gestire la giornata, che già si presenta un po’ in salita, con un time-in-range nelle ultime 24H del 10%. Avrei voluto fare altro e invece…

Mi concedo un po’ di quella leggerezza mattutina da pendolare dando un’occhiata ai social e trovo le immagini di Lila Moss, con il suo nude look, sensore e microinfusore. Allora rido!

Tutto ok fino a pranzo, quando il sensore segna glicemia bassa (e suona e vibra e lo ripete ogni tre per due). In realtà la glicemia è alta, troppo alta. Allora serve un rapido calcolo di tempistiche: caricamento del trasmettitore (una mezzoretta), nel frattempo cambio del sensore, collegamento del trasmettitore al sensore e avvio del sensore, tempo di attesa (un paio d’ore). La valutazione successiva è quando avviare il sensore in modo tale che la prima calibrazione, al termine del periodo di attesa, avvenga in un momento in cui non ci sia più insulina attiva (quella del bolo del pranzo) e non ci siano variazioni significative di glicemie (quelle della curva gliecemica del pranzo).

Il periodo di attesa finisce mentre sono in bici verso la stazione per il treno del ritorno… deja-vu!

Allora mi viene in mente un’altra bizzarra coincidenza… esattamente un anno fa, in questo momento della giornata iniziava la mia nuova gestione terapeutica in modalità SmartGuard. Allora sorrido!

Emozioni e consapevolezza. Quanto il dt1, malattia subdola e invisibile, inquina la mia vita e l’armonia della mia persona?! Quanto il dt1, malattia autoimmune e metabolica, condiziona la mia vita e la mia storia?! Quanto il dt1, malattia cronica e da gestire quotidianamente, invade la mia vita e le mie relazioni più intime?! Workinprogress…

Accompagno delicatamente questi pensieri e queste fatiche fuori dalla mia mente. Mi concentro sull’ascolto della musica in cuffia. Respiro. Guardo fuori. La vita è molto di più.

quando microP suona

Che bello questo progetto /CoNtRaDA SaLuTe 2022/

Che bello esserci insieme agli amici di A.D.Fe. che sono la tua famiglia senza cellule beta

Che bello metterci la faccia perché la tua esperienza possa essere di aiuto ad altri e poi accorgerti che quello che gli altri ti hanno donato è ancora più bello

Non sempre si può controllare la glicemia alla perfezione, e allora (ogni tanto) microP che suona per un picco glicemico a 308 mg/dL ti avvisa (anche) della bellezza delle persone che hai accanto

/cronaca settimanale/il giusto peso. ovvero scarabocchi sulla bellezza

– Come sta D dopo la caduta in bici?

+ Eh tutto sommato bene… qualche ematoma… niente di rotto

– Ah beh con quegli airbag…

+ Non è una cosa carina da dire. Anzi, non è una cosa da dire

– Cosa è questa? Solidarietà femminile? (ride)

+ Basta così ok?!

– Solidarietà femminile o… da ex-sovrappeso? (sogghigna)

Considerazioni scarabocchiate in ordine sparso… darne il giusto peso eh?!

• Mi piace ricevere complimenti (a chi no?!) e non mi piace sentirmi inadeguata quando qualcuno mi giudica per l’aspetto fisico (e sentenzia la sua opinione non richiesta)

• Gli abiti di sempre vestono meglio con (qualche) kg di meno. Anche al mare.

• L’attenzione che riceve le tua persona è proporzionale alla bellezza estetica

• Se sei donna (mediamente) intelligente, l’attenzione che riceve la tua opinione è proporzionale alla bellezza estetica

• Poi ci sono quelle persone talmente luminose che sembrano anche più belle. Incontrarle è un regalo

• A parità di alimentazione e stile di vita, a volte, è la salute che decide il tuo peso. Una lotta invisibile e quotidiana che merita un grande rispetto

• Bisognerebbe imparare a guardarci bene negli occhi. E anche così potremmo solo intuire (tutta) la bellezza delle persone che abbiamo accanto