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di microP e i suoi accessori

Quando una mattina di fine giugno (30*C già prima delle 9) i colleghi ti vedono arrivare con una shopper 50x40x20cm piena compatta e fino all’orlo:

“Cosa hai P. in quel borsone?!”

La prima cosa che ti viene in mente è probabilmente la più corretta:

“Pezzi di ricambio per il mio pancreas, per i prossimi 4 mesi. Oggi ho fatto spesa”

(c)emmepi

✅ 4 conf. x 10 pezzi di “Reservoir” (serbatoio per l’insulina del microP) – da cambiare e riempire con insulina fresca da frigo ogni 3-4 giorni, salvo imprevisti

✅ 4 conf. x 10 pezzi di “Set di infusione” (catetere da 60 cm + canula da 6 mm da applicare sottocute) – da cambiare con il serbatoio, salvo imprevisti

✅ 5 conf. x 5 pezzi di “Sensore” (parte del sistema di monitoraggio in continuo della glicemia che dialoga con il microP) – da cambiare ogni 7 giorni, salvo imprevisti… nel mio caso purtroppo al massimo 4 giorni!

Mentre rispondo ometto quello che il mio cervello sta già elaborando: 5×5=25

25 settimane intere si arriva al 14 dicembre

Il prossimo appuntamento per ritirare il materiale mi è stato dato tra 6 mesi, il 24 dicembre.

Realmente, salvo imprevisti, questi sensori mi coprono fino al 14 settembre.

È quasi un paio d’anni che contatto tutti i mesi l’assistenza tecnica della ditta per la sostituzione e/o l’invio di sensori aggiuntivi, per effettuare prove tecniche in remoto per individuare eventuali malfunzionamenti (a quanto pare non riscontrati!). Ho anche contattato la mia diabetologia AUSL di riferimento per adeguare la fornitura, poiché la ditta mi ha precisato che l’invio dei sensori è incluso entro un massimale, previsto dal mio piano terapeutico, e pertanto competenza del diabetologo. La diabetologia, pur sempre venendo incontro a situazioni di emergenza, rimanda la competenza alla ditta, che ha l’obbligo di fornirmi la copertura di sensori che non rispettano le specifiche techiche di funzionamento (7 giorni senza interruzioni)…

Il risultato è che, ogni mese, un sensore alla volta, richiedo alla ditta la sostituzione e l’invio del sensore, specificando motivo, giorno e orario di “inizio e fine del sensore” (in slang diabetico si dice cosí). Dovrei, secondo i consigli che ho ricevuto, per stare più tranquilla, procedere ogni volta (4 giorni, e comunque fino a massimale, che non copre la carenza rispetto al conteggio “ideale” previsto dal piano terapeutico)… ma già cosí mi sento come una pallina di un flipper, rimpallata tra ditta e diabetologia, senza via di uscita. Per l’acquisto del sensore, occorre la prescrizione del diabetologo.

Per stare tranquilla davvero, io proporrei a tutti gli addetti ai lavori (personale sanitario, tecnico e amministrativo ) di tutta la filiera dei miei sensori, un periodo di tre mesi con il sensore “indossato” e, forse, il sistema di accesso ai sensori sarebbe diverso. Se non altro, non dovrei ripetere ad ogni conversazione o telefonata che non si tratta di un reso di scarpe di cui ho sbagliato per distrazione ad ordinare il numero, e forse nessuno metterebbe in discussione la mia scrupolosa attenzione e cura a non “sprecare” neppure un’ora dei preziosissimi sensori.

Il WDD 2024 per me

“Diabete e benessere” è il tema scelto per il World Diabetes Day 2024.

Il tema può sembrare un ossimoro, può essere scomodo. Non è detto che si abbia voglia e capacità di affrontarlo, questo tema. Se non è scomodo in un qualche modo, probabilmente occorre centrare meglio il tema. Per me è stato così.

Il diabete è una malattia cronica, cioè una condizione anormale dell’organismo causata da alterazioni organiche o funzionali, che persiste nel tempo. In realtà, in medicina cronicità indica qualcosa di più complesso: permanente, inguaribile, incurabile, irreversibile.

Il 26 maggio 2005 è un punto netto, di non ritorno, nella mia storia personale. Da quel giorno io ho il diabete DT1. Glicemia a digiuno 750 mg/dL (valori target 70-180 mg/dL) ed emoglobina glicata HbA1c 15,5% (no, non è un errore di battitura… il diabete è diagnosticato con una glicata di 6,5% (48 mmol/mol) e con 11% c’è il rischio di coma diabetico). Nei successivi 6 mesi, due operazioni di cataratta in anestesia totale a causa della situazione clinica ed emotiva che portavo con me, un periodo di vita sul divano e in bicicletta (dopo 10 minuti che camminavo andavo in ipoglicemia). Che poi, ce l’avevo già il diabete, ma sentire che qualcosa non va, e sapere, dare un nome alla causa di quel malessere e quella sofferenza, cambia la vita. Obbliga ad una trasformazione, che coinvolge tutto. NB per i diabetologi, far sentire colpevole il paziente per non essersene accorto, anche solo per curiosità scientifica, non aiuta.

D’improvviso malattia, salute e benessere cambiano significato… una trasformazione grande. Per me è stato così. Allora non ne avevo piena consapevolezza, era poco più di un’intuizione, a cui non sapevo dare forma e percorso da farsi precisi. Che poi a vent’anni è abbastanza normale come fase della vita, l’incertezza per il futuro. Ma è tutto un po’ più complicato con una malattia cronica che salta fuori in un momento atipico (troppo vecchia per il classico esordio DT1 giovanile, troppo giovane per la diagnosi facile quando ancora della forma adulta LADA si sapeva pochissimo anche tra i diabetogi). E così ci si arrangia come meglio si può… si va per tentativi, ci si prova a fidare del proprio istinto, si cerca di imparare la gestione tecnica della malattia (combinazione di terapia farmacologica, alimentazione e sport), si provano a personalizzare le buone pratiche terapeutiche, si cerca di aggiornarsi sulle nuove possibilità tecnologiche (che rendono un po’ meno invasiva la terapia nella propria vita quotidiana), si impara a sostituire il funzionamento del pancreas con il proprio cervello e apparecchiature esterne inanimate, collegate con aghetti, tubicini e cerotti adesivi al proprio corpo, organismo vivente e difettoso.

A me ci sono voluti circa vent’anni per chiamare le cose con il loro nome, arrivando ad affrontare la questione vitale diabete per me, nel cuore della sua essenza. Un percorso di lotta quotidiana, negazione, dedizione, piccoli traguardi personali, fallimenti, conflitti, studio, allenamento, ansia, impegno emotivo, supporto psicologico, pazienza, tenacia, fiducia, desiderio di qualcosa di meglio, e la vita nella sua completezza. 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito nella sua Costituzione, nel 1948, il concetto di salute come “una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente l’assenza di malattia o infermità”. Nel 2011, la definizione è stata aggiornata, intendendo la salute come “la capacità di adattamento e di autogestirsi di fronte alle sfide sociali, fisiche ed emotive”.  

Una cosa è leggere una definizione di un’agenzia intergovernativa mondiale, altra cosa è capire che ha a che fare anche con te, alla tua esperienza di malattia… la salute intesa come convivenza con la patologia e accettazione dello stato di salute di quel momento che comunque consente la capacità di autogestirsi, quindi di vivere, anche in condizioni di irreversibile perdita di salute.

Dicono gli psicoterapeuti che “il sopraggiungere di una malattia cronica rappresenta un evento né scelto né desiderato, che costituisce un disequilibrio esistenziale, una rottura che introduce l’incertezza. In questo senso il cambiamento è una specie di lutto, ossia la perdita di ciò che è consueto” (Lacroix – Assal, 2005) e che “la malattia cronica mette di fronte alla limitatezza dell’essere umano, il  senso che si attribuisce alla vita è messo in discussione. Per accettare la malattia cronica occorre accogliere i propri limiti e andare oltre la domanda perché proprio a me?

Nel 2009 questa domanda mi accompagnava in un viaggio meraviglioso in Medio Oriente, passando anche nel deserto roccioso della Giudea. Allora non sapevo rispondermi, sapevo che avrei dovuto camminare… e così ho fatto! Quel giorno nel deserto, e negli anni successivi.

Durante questi anni poi ci sono stati altri punti netti, di non ritorno… però salti di qualità!

Nel 2018, inizio ad usare il sensore per monitoraggio continuo della glicemia. Cambio radicale dell’approccio alla gestione metabolica: non più un inseguire valori spot ma seguire andamenti, con aumenti e discese, che sono utili a prevedere necessità di insulina nel breve tempo, e dispersioni, che invece aiutano ad aggiustare eventuali sbalzi dannosi nel lungo termine per i tessuti e gli organi, oltre che per l’umore ed il benessere psicologico.

Nel 2020, di nuovo valori metabolici non buoni, lockdown in casa per tre mesi, da sola con lo spettro dell’esordio del mio diabete, della paura di un ricovero durante la pandemia covid-19, il ricordo di quella brutta sensazione di soffocamento e nausea per mancanza di ossigeno già provata qualche anno prima, alla quinta volta che tornavo sulle Ande a quasi 3000 m, quella volta che ho dovuto respirare con una bombola di ossigeno. In quel momento buio, buissimo della mia storia personale, una scelta importante: ho scelto la mia salute. E qui, con salute intendo il mio benessere, la mia persona nella sua completezza (corpo, mente, anima e relazioni). Allora non capivo la portata di questa scelta, in uno dei momenti peggiori della mia vita, forse appena dopo quel già detto 2005. Forse ci sarebbero state altre possibilità che la vita mi avrebbe offerto, chissà. Quello che so, oggi, è che sono grata alla Mery di quei giorni là… mentre scrivo quasi mi commuovo un po’ anche.

Il 27 maggio 2020, 15 anni e 1 giorno dopo la diagnosi, cambio terapia: dalla multiiniettiva (le penne) al microinfusore. La novità più grande: riuscire a dormire di nuovo 6-7 ore di fila per notte, senza disturbi del sonno per sbalzi glicemici e svegliarsi al mattino riposata. Un supporto enorme per il mio metabolismo, e per valorizzare quel cambio di mentalità che già si era innescato in me. Una possibilità grande per iniziare a imparare a convivere in modo nuovo, integrato, con il diabete. Non subire una condizione di malattia, non eccedere neanche nel bisogno di avere tutto sotto controllo (cosa impraticabile), adattare il mio stile di vita ed essere sempre più me stessa, nella sua versione migliore possibile, imperfetta ed unica. 

Qualche giorno fa, un altro viaggio meraviglioso in Nord Africa mi ha portata nel deserto di sabbia di Merzouga. Sembra una montagna, sempre uguale nello spazio che occupa, eppure le dune si trasformano con il vento in continuazione. È una trasformazione lenta, impercettibile e incessante. Perdo la percezione di quello che accade intorno, si attutiscono tutti i suoni. Di nuovo, dopo 15 anni, deserto e silenzio. Risuonano in me momenti della mia storia, significativi per il vissuto che rappresentano, quei salti di qualità che ogni tanto ci sono, si impara poi a riconoscerli con consapevolezza, e che si portano dietro periodi in cui apparentemente non cambia nulla ma c’è in realtà un continuo ed incessante lavorio di miglioramento di… qualità della vita, salute e benessere. 

Oggi non è la giornata per festeggiare il diabete. Si potrà festeggiare la sua cura definitiva, quando ci sarà. Oggi è una occasione per fermarsi, informarsi, imparare qualcosa di nuovo,

Per me, per chi vive ogni giorno con il diabete, oggi è anche opportunità per essere ascoltati, non sentirsi soli, guardare alla propria storia e sorridere per i miglioramenti conquistati, la crescita personale nel percorso fatto, continuare a camminare con nuovo coraggio.

Allora sì il 14 novembre ha significato. È come un abbraccio benessere.

World Diabetes Day 2024

Ogni anno il 14 novembre è la Giornata Mondiale del Diabete (World Diabetes Day), giornata di sensibilizzazione sul diabete. La data è significativa perché ricorda la nascita di Frederick Grant Banting, fisiologo canadese che nel 1921 insieme a Charles Herbert Best scoprì l’insulina. E così il diabete, finora malattia mortale divenne una malattia controllabile. Ad oggi non esiste ancora una cura definitiva.

Il cerchio blu è il simbolo mondiale del diabete. In tutte le culture il cerchio evoca la vita e la salute, il colore blu ricorda il cielo che unisce tutte le nazioni ed è il colore della bandiera delle Nazioni Unite. Questo cerchio blu rappresenta l’unità della comunità mondiale di fronte alla pandemia del diabete.

Con 62 milioni di persone affette in Europa di cui più di 4 milioni in Italia, il diabete è la quarta causa di morte. Sono 80mila le morti solo nel nostro Paese, pari a 9 decessi ogni ora. Inoltre, dal 2000 ad oggi i casi sono raddoppiati, e si stima che ci sia almeno un milione di persone con diabete non diagnosticato.

La GMD (WDD) è stata istituita nel 1991 dalla International Diabetes Federation (IDF) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in risposta all’aumento delle diagnosi di questa malattia: obiettivo è quello di educare alla prevenzione del diabete e una buona gestione di esso, così come le malattie ad esso correlate e la qualità della vita che può essere raggiunta solo con una buona gestione terapeutica.

“Diabete e benessere” è il tema scelto per il World Diabetes Day 2024. Più info sul sito ufficiale: World Diabetes Day.

Più info sul diabete e sulle realtà associative in Italia: Diabete Italia, in Emilia Romagna: Fe.D.E.R. Federazione Diabete EmiliaRomagna, a Ferrara: ADFe | Associazione Diabete Ferrara Odv

keep calm & sii dolce

Suona la sveglia. Mi sveglio.

Aaaaaaaaah! Noooooooo… mi sono scordata di modificare la sveglia ieri sera, troppo tardi con il solito treno. Ok, sono ancora in tempo se vado in auto. Bagno, colazione, armadio, bagno, giacca. Ok, sono ancora in orario, speriamo non ci sia traffico. Aspetta un attimo, perché tutto questo silenzio fuori?! Il traffico?! È l’ora giusta?! 

D’improvviso, ti sei svegliata di lunedì e dopo un’oretta realizzi che hai un giorno in più, regalato, oggi.

Per uno scherzo del telefono, trovo questa foto. Qualche estate fa, in ferie all’estero, terapia multi-iniettiva perché microP si era rotto (crepa nel portabatteria, infiltrazione d’acqua e cortocircuito, due giorni prima della partenza).

Occasione quella (perché in ferie ce lo si può concedere) di “sperimentare”, osservare, valutare la propria gestione della malattia:

– metodi (=modi di fare le operazioni necessarie alla terapia)

– processi (=insieme delle azioni utili alla gestione metabolica)

– errori sistematici (=abitudini, più o meno inconsapevoli, che hanno effetto negativo) e casuali (=interventi, più o meno sbagliati, ad imprevisti per cui non si è preparati)

Allora, uno spiacevole evento è diventato poi occasione per fare il punto sulla (mia) crescita nella gestione del diabete, nella pratica, tutti i giorni e nei diversi momenti della vita.

Oggi, una buffa coincidenza diventa occasione invece per fare il punto sul percorso di accettazione della (mia) malattia cronica. Sorrido.

Sono lontani i tempi in cui mi dimenticavo di fare la puntura (=il mio cervello trasformava in vuoti di memoria la necessità di “non pensare” al diabete, di negare la sua presenza nella mia vita quotidiana e nella mia persona, almeno per qualche istante).

Sono un po’ meno lontani quelli in cui ho iniziato a “scrivere” del mio diabete su dolcementetipo1.blog, esperienza che con il tempo ho imparato a riconoscere come la mia esperienza di patografia (=forma di narrazione che aiuta a costruire nuove storie capaci di curare le ferite dell’anima causate dall’insorgere di una malattia).

Più recenti i tempi in cui, senza sapere bene perché e senza essere pronta, mi sono lanciata a tutto cuore in un progetto ambizioso di dare forma ad un’associazione. Mi muoveva il desiderio di “non sentirmi sola”, la mancata possibilità di camminare insieme ad altri, di confrontarmi con altri che “sapevano” cosa era vivere con il diabete, non perché glielo raccontavo io ma perché ne avevano esperienza diretta. 

È mentre cammini con gli altri, ti dai da fare per gli altri, che ti trovi davanti le questioni “aperte” della tua esperienza, quelle di cui hai ancora tanta strada da fare. E quando scendi al cuore delle cose, della tua esperienza, è allora che arrivi alla loro essenza, e fai quei passi che prima non eri in grado di fare. La sfida educativa è scoprire poi un linguaggio universale, che parla all’esperienza di altri, al cuore degli altri, nel rispetto e nell’accoglienza di ognuno, nella diversità che è ricchezza, insieme.

Mi torna in mente anche una frase che avevo scritto in uno dei primi articoli del blog, dove riprendevo un appunto sul mio “quaderno degli scarabocchi” ancora anni prima, poco dopo l’esordio della malattia… così ti rendi conto che stai imparando la lezione dell’accettare e “sarai felice con gli altri, o da solo seduto su un prato e potrai usare tutto ciò che avviene nella tua vita, le tue gioie e i tuoi dolori, per diventare una persona migliore, più buona” (K.Gallmann).

Davanti alla malattia ci si trova a dover guardarsi con uno sguardo nuovo, essere disponibili ad una revisione delle proprie idee e aspettative, a come si era abituati a conoscere il proprio fisico, le proprie abilità, punti di forza e debolezze, la propria personalità e quindi il modo di relazionarsi con se stessi e con gli altri, un cambio del punto di vista sugli eventi e talvolta un faticoso processo di reinterpretazione di sé. Un evento traumatico come una malattia cronica può anche diventare percorso di crescita e consapevolezza, un continuo laboratorio esperienziale, come le altre cose della vita.

Oggi, metto insieme tutti questi pezzi. Sorrido, e mi sento fortunata e grata.

A volte ci sono giornate così

105 mg/dL alla partenza. 96 mg/dL all’arrivo.

12 brani della playlist goodvibes del mio 💙 riproduzione random. 4’55’’ il primo per riscaldare le gambe, poi gli altri 48’28’’ un brano alla volta, fino alla fine di ognuno, e poi via di nuovo con un altro, recupero nell’intro di quello successivo. Ascolto del ritmo, dei muscoli, del respiro, delle tensioni che scorrono via.

15 g di zucchero dopo circa 4 km, appena prima che le gambe si facciano pesanti.

Conclusione con 10’’ di scatto finale, da lampione a lampione. Le gambe che vanno ampie, le braccia che seguono fluide, tutto gira al massimo, senza limiti preconcetti e fatica mentale, il rumore dei passi sul fondo delle mura della città. Un ultimo brano 2’58’’, recupero, respiro, sorriso. Un po’ sudo, è quasi buio e c’è quasi fresco.

6 km. Ero uscita di casa per fare una camminata e vincere la pigrizia. 30 min di basale temporanea 0% sono diventati 60 min.

Allungo e ascolto il battito calmo.

così come sei

Oggi, nella Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla (per sensibilizzare e informare sul tema dei DCA Disturbi del Comportamento Alimentare), mi vengono in mente due cose: il compleanno di Barbie (qualche giorno fa, 65 anni) e la #diabulimia (disturbo dell’alimentazione che può insorgere nella persona con #diabetetipo1).

Si stima che almeno il 30%-40% dei giovani con DT1 ha un DCA, circa il 10% delle adolescenti con età tra i 12 e i 19 anni.

Al di là delle sigle dei numeri… un numero sempre maggiore di adolescenti con il diatebeditipo1, specialmente di sesso femminile, per dimagrire, riducono o addirittura evitano volontariamente di somministrarsi le dosi di insulina giornaliere necessarie al normale controllo della malattia.

Il diabete è una malattia silenziosa e subdola, sempre presente, che spesso inganna pensando “oggi faccio come gli altri, come se non ci fosse, poi ci penserò domani e metto a posto le glicemie”…

Purtroppo invece la mancanza o la sbagliata terapia quotidiana provoca un cattivo scompenso della malattia che, nel medio/lungo periodo – oltre a rovinare comunque la qualità della vita! – può mettere in serio pericolo la vita anche di adolescenti e giovani.

Aumenta il rischio di sviluppare complicanze microvascolari in particolare retinopatia (1), frequenti episodi di chetoacidosi e nefrosi (2), grave neuropatia (3), e piede diabetico (4), complicanze vascolari e cardiopatia (5), osteoporosi precoce con aumento del rischio di fratture, e molti altri problemi.

E allora?!

Quando ho scoperto di avere il DT1 ero poco più che adolescente e già avevo le mie piccole grandi battaglie da affrontare: scoprire il mio posto nel mondo, i miei primi amori, che lavoro avrei fatto da grande, quale sarebbe stata la mia strada per essere felice, come farmi accettare dagli altri, come accettare il mio corpo – inadeguato perché in trasformazione come quello di tutti gli altri merii coetanei, e anche “malfunzionante”, “sbagliato”…

Barbie Inadeguata (mitad del mundo, 2023)

L’estate scorsa, dall’altra parte del mondo, ho trovato la scatola di una Barbie ed è stato buffo e allo stesso tempo strano entrare per qualche istante e sentirmi una goffa e bruttina Barbie Inadeguata.

Oggi, a casa mia, ritrovo questa foto ed è buffo e strano rivedermi Barbie Inadeguata, con il mio sorriso, i miei occhi danneggiati dal diabete, il mio pancreas mezzo rotto, microP, il sensore e gli allarmi, la taglia degli abiti che fluttua a volte senza che possa farci granché oltre ad accettare la cosa, la malattia, la mia vita così come è!

Ed è bello, e non banale, ed anche divertente, scardinare i (miei) stereotipi, quelli che ostacolano la sfida di accettarmi, ogni giorno, così come sono. Bello accorgersi della strada percorsa, del cammino di crescita che non smette mai… a volte divertente e gratificante, a volte impegnativo e faticoso… sempre da protagonista, mai da sola!

Alla Mery ragazza che ha scoperto il diabete, se la incontrassi oggi, non le darei cioccolatini senza zucchero dicendole “la tua vita non cambierà e tu puoi farcela”… da oggi, ogni volta che le difficoltà della malattia e le fragilità personali tornano a mettere in crisi la quotidiana conquista dell’”accettare”, le regalo un abbraccio che libera le lacrime “non sei sola, tutto è cambiato ed ogni volta che ti accetti così come sei, ti ri-conosci bella come sei, ed ogni volta che con dolcezza ti vuoi bene così come sei, ri-splende la tua vita!”

P.S. Se soffri di diabulimia o altri disturbi alimentari rivolgiti al tuo medico e/o diabetologo e non aver paura di ricorrere ad un supporto psicologico! 💙

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(1) retinopatia: danno irreversibile dei vasi sanguigni della retina, che causa perdita progressiva della vista

(2) nefrosi: progressivo peggioramento della funzionalità dei reni, fino a insufficienza renale e necessità di dialisi

(3) neuropatia: danno irreversibile delle cellule nervose, che causa disfunzioni e morte dei nervi

(4) piede diabetico: combinazione di danni neurologici e cattiva circolazione sanguigna che causa danni gravi a caviglie e piedi, es ulcere sanguinanti e cancrena

(5) cardiopatia: danni strutturali e funzionali del cuore, che portano a ipertensione e altri eventi es.infarto

Cosa hai lì nel braccio?!

Estate. Inizia la stagione della domanda:

Cosa hai lì nel braccio?!

Alcune (solo alcune in effetti) delle risposte che mi vengono in mente…

a) un microchip perché ogni tanto mi perdo e così mi ritrovano facilmente
b) un bottone per spegnermi quando parlo troppo (ah no, questo non esiste ancora!)
c) una mini-cassa bluetooth
d) un bottone che se lo apro ti sgonfio?! (migliore risposta di sempre, della mia amica Vale, maestra di sarcasmo)

Da alcuni anni esistono piccoli device, i cosiddetti ‘sensori glicemici’, che permettono il monitoraggio in continuo del glucosio (continuous glucose monitoring, CGM). Sono grandi poco più di una moneta e leggermente più spessi, si fissano alla cute con un adesivo e, attraverso una cannulina che va sottocute, consentono di rilevare continuamente il livello del glucosio nel liquido interstiziale, fornendo centinaia di valori al giorno.

Attualmente ci sono due tipi di sistemi: i CGM in tempo reale (real-time CGM, rtCGM) e i CGM a rilevazione intermittente (intermittently viewed CGM, iCGM), detti anche sensori glicemici flash del glucosio (flash glucose monitoring, FGM).

La forma, il funzionamento, la “durata” ecc dipendono dalla tecnologia e dalla marca, cioè dal knowhow del produttore. Per una persona con il diabete, la scelta dipende in primis da quello che “passa” l’AUSL.

Il “mio” sensore è quella specie di conchiglietta di Santiago di Compostela, che può stare sul braccio, sull’addome, sulle gambe ecc… che “dura” una settimana (a me in realtà solo 5 giorni), che “parla” con microP (quello sempre ben nascosto sotto la maglietta e collegato tramite un catetere alla pancia) e lo “aggiorna” sui livelli di zucchero nel sangue così che il microP possa modulare nel tempo l’insulina da iniettare… ma questo è un altro capitolo della storia.

Secondo me, per le persone con il diabete di tipo1 è fondamentale gestire la malattia con il monitoraggio in continuo della glicemia, guardando agli “andamenti” oltre che ai valori istantanei, e cioè utilizzando con sensore. Che poi la misura della glicemia non sparisce del tutto, anche i sistemi più sofisticati hanno bidogun diritto averlo a disposizione come facente parte della terapia, un dovere utilizzarlo al meglio come strumento per gestire la malattia!

E mentre nel mondo – ed in Italia anche in certe situazioni – è un “privilegio” solo di alcune persone, mi capita che sportivi amatoriali mi chiedano info per acquistare il sensore libre per migliorare le loro performance dopo averne visto la pubblicità. Costo circa 60€ l’uno, durata 14 giorni.

Il diabete, l’accesso alle cure, la tecnologia, le contraddizioni!

ri•partenze

“Il momento migliore per piantare un albero è vent’anni fa. Il secondo momento migliore è adesso”.

Serata di inizio estate. Sole. Caldo ma non troppo. I programmi erano altri… poi un incontro inaspettato. La parolina giusta all’orecchio. Ri•partire adesso.

Scarpe sportive. Zucchero. Glicemia 130 mg/L. “Basale temporanea” sul microP. E… via!